Costruire il mio futuro
Da sempre sensibili alle tematiche giovanili, sostenendo iniziative culturali e sportive a loro rivolte, abbiamo dato spazio a quattro studenti universitari, perchè ci raccontino la loro visione del futuro.
Leonardo Bastelli
Facoltà di Ingegneria Meccanica
Università di Bologna
Da una parte gli imperturbabili ottimisti: speranzosi nel “tempo che verrà” sistemando le cose simil Veltro dantesco, dall’altra coloro che non riescono a distaccarsi da una tremenda visione apocalittica e catastrofica. Per alcuni giovani è sinonimo di dubbio e incertezza, per altri è sinonimo di sfida. Dunque nessuno ha la verità in tasca riguardo a nulla, tanto meno su di un tema alquanto soggettivo e complicato come il futuro. Ma sono proprio le tante interpretazioni, filosofiche o concrete, a rendere questa parola curiosa, intrigante e particolarmente difficile da interpretare. Dal momento che il proprio punto di vista può variare giorno dopo giorno, è interessante analizzare periodicamente le prospettive del nostro bel paese.
Oggi, lo sappiamo, la situazione non è facile: i titoli dei quotidiani fanno ben poco sperare, così come l’andamento economico, la società e l’organizzazione globale della nazione. Ma qualche flebile sorgente luminosa è presente; ed è proprio da lì che bisogna rifondare il tutto. Un tricolore che sventola sulla penisola, ad esempio, dovrebbe già farci riflettere. Sventola sopra le sue bellezze, sul patrimonio culturale invidiato in ogni angolo del pianeta, sulle tradizioni culinarie, sulle radici cristiane, sui pesanti, imponenti e difficili libri di storia, sugli italiani, sui loro usi e costumi, la loro capacità imprenditoriale e le loro industrie, la parsimonia, l’accoglienza e il più raro altruismo; sventola sulla cultura musicale, sul mare e sui monti, sul Nord e sul Sud. Se vogliamo pensare al nostro futuro, ricordiamoci prima di tutto di meditare su ciò che ci rende orgogliosi di essere italiani.
I giovani! Coloro che, parlando di futuro, non possono non essere citarti: evitare che centomila menti brillanti lascino questo paese è il primo punto da evidenziare. Per far ciò dobbiamo tenere bene a mente la scuola e la società, dando loro modo di poter crescere, vivere e lavorare qui dove sono nati. D’altro canto anche la mentalità e le abitudini dei ragazzi, e più in generale degli italiani, sono da rivedere: spesso (ma fortunatamente non sempre) scarseggiano i valori, quelli importanti, le tradizioni che vanno via via perdendosi in una società in mano alla finanza globalista e alle mode degradanti. Non voglio cadere nel paternalismo ma una frase di Giuseppe Verdi molto affascinante recita “Tornate all’antico e sarà un progresso”. Futuro o passato? Futuro e passato. Guardare avanti, ma ricordarsi sempre da dove veniamo, la nostra storia.
Naturalmente tutto ciò, che ci piaccia o no, transita dalla politica. Tasto dolente? Non credo.
Essa è uno dei più importanti organi dello stato, il cuore pulsante da dove passa tutto. Possiamo, se vogliamo, continuare a definirla corrotta, improduttiva, imbrogliona e ladra ma così facendo, cadendo nell’imperioso vortice del qualunquismo, le acque non si muoveranno mai e tutto rimarrà tale, come siamo abituati d’altronde. Alla politica muoverei accuse più costruttive: una su tutte. La miopia.
C’è poco da fare, la politica è miope. Vede da vicino, ma non da lontano. Ed è qui che torna il caro tema del futuro. Si pensa al hic et nunc, a legiferare per l’oggi, senza prospettiva. Solitamente non si pensa alle conseguenze di un’azione o all’investimento sul futuro. L’importante è risolvere il problema (sì perché noi risolviamo, non preveniamo. Magari si prevenisse, ma questo è chiedere troppo) rattoppandolo nel modo più discreto possibile e avanti il prossimo. Invece bisogna creare progetti a lungo termine, che abbiano lunga vita, che guardino al domani. Bisogna produrre, e riusciamo a farlo “soltanto se riesce a stimolare e a far crescere in modo prioritario quei "software", quei motori dello sviluppo che sono i veri produttori di ricchezza” ammonisce il giudizioso Piero Angela. Non possiamo limitarci a distribuire ricchezza ad una parte di popolazione rispetto all’altra, questo è l’errore della politica. La ricchezza bisogna produrla, ciò significa guardare al futuro, agire sui fattori che, con il dovuto tempo, fanno ripartire i meccanismi dell’economia.
I presupposti per guardare il bicchiere mezzo pieno ci sono, ma ora sta ad ognuno di noi agire per il bene di tutti. Vediamolo pieno anche a tre quarti, ma rimane un pezzo vuoto, tremendamente vuoto, da riempire il più celermente possibile.
Giulia Berti
Studentessa 5° anno
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università di Firenze
Una consegna degna di un tema di italiano, direi, che infatti mi ha inizialmente suscitato la classica e temuta “crisi da pagina bianca” dei tempi del Liceo. Ho 24 anni, sono una studentessa di Medicina, la Laurea sembra ancona lontana e, tutto sommato, per ora il mio compito è studiare: sinceramente non mi capita poi così spesso di pensare seriamente al futuro. Così, mi son trovata a ragionare su quel che è importante nella mia vita ora, per poi considerarlo come punto di partenza per le mie speranze per l’avvenire.
Innanzitutto, come ho già anticipato, tuttora la mia routine si svolge per la maggior parte tra lezioni, esercitazioni in ospedale, studio ed esami; insomma una vita universitaria, alla quale ero preparata quando ho deciso di intraprendere questo lungo corso di studi. Inoltre, mi aspetta una professione che, oltre ad essere carica di responsabilità, richiederà un continuo aggiornamento e quindi, come capita in molti ambiti, la necessità di studiare non si conclude con l’università.
Dopotutto il mondo va avanti, vengono fatte nuove scoperte grazie al prezioso lavoro della ricerca, soprattutto in ambito scientifico e al progresso in generale, quindi credo sia doveroso ed anche soddisfacente stare al passo con l’innovazione, per poter sfruttare al meglio le risorse che abbiamo a disposizione.
Sinceramente, provando ad immaginare cosa potrei provare io, o un qualunque neolaureato, catapultato nel mondo del lavoro penso al timore di non essere all’altezza, alla consapevolezza che servono tanto impegno, costanza ed esperienza per guadagnare sicurezza e capacità e, infine, all’umiltà di non adagiarsi, perché non si smette mai di imparare. Allo stesso tempo, mi auguro di incontrare persone disposte ad accogliere noi giovani, per trasmetterci le loro conoscenze, correggerci quando sbaglieremo, ma anche aiutarci ad acquistare autonomia per poi essere lasciati liberi di proseguire con le nostre forze.
Inoltre, un altro protagonista della mia vita è, ed è sempre stato, lo sport, che pratico da sempre a livello agonistico. Anche se di primo acchito può non sembrare importante ai fini del tema “futuro”, io lo ritengo una componente molto formativa e oserei direi fondamentale per la crescita e anche per la vita. Infatti, devo allo sport la capacità di organizzare al meglio il tempo che ho a disposizione, per averne sempre un po’ per scaricarmi a fine giornata, ma anche l’acquisizione di valori per me imprescindibili. Portare a termine gli impegni presi, rispettare le regole, i compagni di squadra e anche gli avversari, comprendere cosa vuol dire lavorare insieme per un fine comune, gioire per le vittorie, ma anche saper accettare le sconfitte, prendendole come spunto per migliorarsi. Così, mi sembra logico immaginare che quando nel lavoro si avrà a che fare che altre persone tutto questo sarà molto utile.
Oltretutto, l’università mi ha portata ad affrontare un altro passo importante nella mia vita, cioè trasferirmi a vivere da sola in una nuova città, Ferrara. Inizialmente ero spaventata all’idea di allontanarmi da casa mia, dalla famiglia, dagli amici per iniziare una nuova vita altrove, senza sapere quanto sarebbe stato difficile e se sarei stata in grado. Poi, col tempo, ho imparato a diventare più autonoma, a lasciarmi andare per conoscere nuove persone, trovare una nuova squadra di pallavolo e crearmi nuovi equilibri, sempre mantenendo un forte legame con la mia città natale e chi lì avevo lasciato, essendo presente in un modo diverso e più maturo.
Di conseguenza, penso sia giusto, soprattutto finchè si è giovani, nel caso in cui si presenti un’opportunità di lavoro lontano da casa farsi coraggio, anche se può far paura, e affrontare questa sfida.
Infine, credo che in vista di un futuro auspicabile, sia fondamentale investire nella scuola, nell’educazione e nella crescita dei bambini e dei ragazzi, perché è proprio in quegli anni che si formerà il loro carattere e che acquisiranno le capacità e le conoscenze per affrontare la loro vita futura. Sono gli insegnanti capaci, le soddisfazioni, ma anche le piccole e grandi sconfitte che prima o poi tutti ci troviamo a incontriamo che creano il nostro bagaglio di esperienze, che poi ci permettono di affrontare il futuro.
Ricordo le feste di Natale alla Fatro, le uova di Pasqua e la visita ai laboratori e ai reparti con tutti quegli strani macchinari, anche se a quei tempi non potevo immaginare che i farmaci sarebbero diventati così importanti nella mia vita. Ora invece non posso che ringraziare per il fatto che, anche crescendo, ricevo comunque un importante contributo per le spese universitarie; quando si dice attenzione verso i giovani e il futuro.
Martina Favero Sicuranza
Reparti iniettabili FATRO
Studentessa 5° anno
Laureanda a breve
Facoltà di Pedagogia
Università di Bologna
Cosa vuoi fare da grande? È la domanda che forse ci viene fatta più volte nel corso della vita, sin da piccolissimi e in fondo tutti abbiamo grandi aspettative.
“Raison d’être”: qualcosa per cui vivere. Una ragione per esistere. Tutti ne abbiamo una. A volte un sogno da realizzare, un ideale da raggiungere, qualcosa a cui aspirare, quel qualcosa che ci fa scegliere una strada piuttosto che un’altra. L’unica strada sbagliata è quella che non ti porta alla felicità.
In questo mondo dove chiunque si accontenta di tutto, c’è bisogno di essere diversi con poco. Non limitarsi alla normalità, il futuro è di chi lo sa cambiare e di chi investe prima di tutto su se stesso per farlo. Ci sono giovani, ragazzi qualunque che non si arrendono all'idea di un futuro scadente, magari disegnato da altri sulla loro pelle, e si rimboccano le maniche di fronte alle piccole e grandi difficoltà quotidiane che la vita può riservare. Si svegliano presto al mattino per andare a lavorare e restano in piedi tutta la notte per ripassare quell’esame da superare. Scrivono, leggono, studiano, s'impegnano, e lavorano. Rappresentanti di nuove generazioni troppo spesso stereotipate dalla società contemporanea come svogliati e senza valori, ma che hanno come comune denominatore il coraggio di credere nei propri sogni.
Ecco, penso che nella vita si debba sempre credere in qualcosa. Credere in ciò che si fa è un obiettivo bellissimo da raggiungere, perché significa ad esempio andare a lavorare ogni giorno e sapere che si sta contribuendo a qualcosa in cui abbiamo riposto la nostra fiducia, ad una causa che abbiamo deciso di sposare e non per mancanza di alternative.
M. Augé, uno dei più celebri antropologi del mondo, afferma “la crisi provocata dalla finanza ci ha rubato il futuro. L’ha letteralmente seppellito sotto le paure del presente. Tocca a noi riprendercelo”.
Per secoli il tempo è stato portatore di speranza. Dal futuro ci si attendeva pace, evoluzione, progresso, crescita o rivoluzione. Per la maggior parte delle persone l’avvenire è diventato qualcosa da temere più che una speranza, ciò perché è stata impressa dalle nuove tecnologie una forte accelerazione alle nostre esistenze. Siamo stati protagonisti di una crisi finanziaria che ha contribuito anch’essa ad accrescere tale paura del futuro: il cambiamento dell’esperienza individuale e collettiva del tempo ha portato al dilagare dell’incertezza, rendendo contagioso il timore di ciò che ci aspetta. Il futuro è stato intossicato da un’incertezza comune e i giovani temono di non trovare un lavoro, di non poter progettare il loro avvenire e si sentono bloccati in un eterno presente fatto di precarietà.
In questo spaccato di moderna società, la mia fortuna è stata trovare un’azienda come FATRO in cui mi sento a casa, in cui l’impegno e la dedizione sono date dalla passione nata con una totale inesperienza nel settore, ma da una forte curiosità e voglia di imparare.
Credere completamente in qualcosa porta anche ad avere il coraggio di andare oltre. Oltre a quello che conosciamo e ai nostri limiti, per acquisire capacità e dimostrare competenza senza pretendere, tutto quello che verrà ti renderà più felice.
“Dico ai giovani: pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete niente. Non temete le difficoltà: io ne ho passate molte, e le ho attraversate senza paura, con totale indifferenza alla mia persona.” Rita Levi Montalcini.
Enrico Pedretti
Studente 1° anno
Facoltà di Fisica
Università di Bologna
È mattina. Mi alzo dal letto e sbircio il calendario. 24 febbraio 2080. Mi dirigo a fare colazione mentre l’assistente virtuale legge le notizie della giornata. Prima di uscire mi guardo allo specchio. Con le nuove scoperte mediche, che hanno rallentato l’invecchiamento, non dimostro i miei 81 anni. La vita si è allungata per tutti: nonostante la mia età, sono ancora nel pieno delle forze. Esco di casa e butto la spazzatura in un macchinario che la ricicla e la riconverte in energia. Salgo sull’auto elettrica a guida autonoma che mi porta verso la strada principale. Qui, centinaia di altri veicoli come il mio viaggiano fianco a fianco perfettamente sincronizzati da un’intelligenza artificiale che controlla il traffico: velocità elevate, nessuna coda o incidente. Mentre mi dirigo verso la città, vedo lungo il percorso la sagoma imponente della centrale nucleare a fusione che alimenta da sola tutta la regione. Da quando è stata avviata, nessuno utilizza più i combustibili fossili e l’aria è tornata pura. Ormai si vedono in lontananza gli altissimi grattacieli. Avvicinandomi al centro, osservo gli enormi schermi luminosi sulle pareti dei palazzi. Arrivo davanti alla sede del laboratorio di fisica in cui lavoro. Oggi è il grande giorno. Finalmente scoprirò se tutti questi anni di ricerca hanno dato i loro frutti. È tutto pronto. Stiamo per dare il via all’esperimento su cui ho lavorato per anni, quando all’improvviso tutto sparisce. In lontananza sento un suono insistente…
Bi-bi-bip…bi-bi-bip… Sento suonare la sveglia. Apro gli occhi. Mi trovo nella mia stanza. Anno 2019: sono ancora solo un ragazzo di 20 anni, appassionato di scienza e studente di fisica all’università. Questo piccolo viaggio nel tempo non era altro che un viaggio con la fantasia, uno sguardo sfuggente su uno dei tanti possibili futuri che potrebbero avverarsi.
L’incertezza - o, per usare un termine della fisica quantistica, l’indeterminazione - è profondamente radicata nella nostra realtà: come la posizione di una particella elementare non è definita finché non viene misurata, allo stesso tempo il futuro dell’umanità è quasi impossibile da prevedere, date le innumerevoli possibilità di cambiamento che ci si presentano davanti.
Dalle scoperte mediche e scientifiche ai nuovi mezzi di comunicazione, numerose innovazioni hanno concorso in pochi decenni a delineare il nostro presente, un presente che fino alla metà del secolo scorso pareva impensabile. Allo stesso modo, con il progresso scientifico e i cambiamenti socio-culturali che corrono sempre più rapidi, risulta difficile prevedere che cosa il futuro ci riserverà.
In ogni caso, alcune tendenze sembrano fin da ora chiare: prima fra tutte è quella che sta portando alla tecnologizzazione della società. Ormai chiunque, indipendentemente dall'età e dalla condizione sociale, possiede uno smartphone e ne fa uso quotidiano. Da semplice mezzo di comunicazione lo smartphone è diventato, che lo si voglia o no, quasi un'estensione di ogni individuo: ne custodisce tutti i dati personali e gli permette di avere istantaneo accesso alla rete, diventando una “porta” sul mondo.
Strettamente connesso alla diffusione degli smartphone è lo sviluppo di Internet. Ormai sempre più “organizzato”, esso sta diventando la fonte primaria di accesso alle notizie e all’intrattenimento, prendendo il posto di giornali e televisione. Anche il dialogo e lo scambio di opinioni avvengono sempre di più su forum e social network, che in molti casi stanno diventando il principale strumento di discussione politica e di diffusione di tendenze di massa. Questa massificazione del pensiero, iniziata con la televisione, sta raggiungendo tramite Internet il suo apice: ogni giorno i dati personali, le abitudini, gli interessi di miliardi di persone sono raccolti ed elaborati da sofisticati algoritmi di analisi comportamentale, che estrapolano il modo di pensare dell’umanità. Queste informazioni, unite agli studi sulla sociologia e la comunicazione, rendono sempre più facile orientare il pensiero delle persone. Il rischio è la perdita della propria individualità, del pensiero originale, della capacità critica di pensare autonomamente. Internet è un’inesauribile fonte di conoscenza, ma allo stesso tempo rende pigre le nostre menti: se tutto si può trovare con un click, a cosa serve far lavorare il cervello, memorizzare ed interiorizzare la conoscenza? Per evitare questo rischio, il ruolo fondamentale è giocato dall’istruzione, che fornisce le capacità necessarie per comprendere ciò che si legge su Internet, potendo così sviluppare un’opinione personale, un proprio modo di pensare.
Anche la ricerca scientifica promette radicali cambiamenti futuri: le ricerche mediche permetteranno di curare moltissime malattie, lo sviluppo delle centrali nucleari a fusione potrebbe fornire energia pulita quasi illimitata, nuovi materiali potrebbero sostituire completamente plastica ed altre sostanze inquinanti, oppure essere utilizzati per realizzare macchinari sempre più specializzati.
Il progresso tecnologico ed industriale riserverà sicuramente numerosi miglioramenti nella vita dell’umanità ma, se non sarà adeguatamente controllato, potrà avere anche conseguenze negative: la produzione di massa tipica del consumismo implica lo sfruttamento irreversibile delle risorse, l’inquinamento e il riscaldamento globale. L’ingegneria genetica, utile per la cura di malattie, diventa dannosa se utilizzata sull’uomo con finalità meno nobili. È pertanto necessario prendere coscienza, prima che sia troppo tardi, dell’importanza di valutare l’eticità del progresso, anteponendo il benessere comune al desiderio di profitto.
Infine, per quanto riguarda l'aspetto socio-economico legato agli sviluppi tecnologici, la produzione di macchinari sempre più sofisticati e la ricerca sull’intelligenza artificiale renderanno i lavori manuali sempre meno richiesti. Le macchine saranno in grado di sostituire l'uomo in quasi tutti i lavori meccanici. Gli unici mestieri che rimarranno “umani” sono quelli che richiedono creatività: l'arte, la fotografia, la scrittura, la musica, il cinema, la ricerca scientifica, l’ingegneria, oltre alle professioni in ambito sociale, in cui l'uomo non può essere sostituito da una macchina.
Se la società attuale, in molti casi, non ricompensa adeguatamente l’impegno, la competenza e la creatività, in futuro essi diventeranno requisiti fondamentali, poiché l'unica capacità umana che le macchine non saranno mai in grado di replicare è la capacità di creare.